Nuove vie per la demenza frontotemporale
ROBERTO COLONNA & GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 23 novembre 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La degenerazione lobare frontotemporale (FTLD, Frontotemporal lobar degeneration) è la causa più comune di demenza presenile,
in particolare per la fascia di età inferiore ai 60 anni. Una grande mole di
studi preclinici ha prodotto dati e nozioni che, per il momento, non si
traducono in reali vantaggi clinici per le persone affette. In particolare,
mancano soluzioni in grado di modificare il decorso della malattia, e si è
costretti a limitarsi a interventi sintomatici e palliativi. Le nuove
acquisizioni hanno suggerito varie possibilità per contrastare la progressione della
patologia, e un numero sempre crescente di possibili mezzi terapeutici per le
sindromi causate da questa forma di processo neurodegenerativo è in attesa di
essere adeguatamente valutato. Nel marzo del 2018 la Association for Frontotemporal Degeneration è
intervenuta al meeting del Frontotemporal
Degeneration Study Group in Washington D.C., per affrontare
questi problemi e discutere dei possibili progressi nella scienza clinica della
FTLD.
I risultati dello studio originato da questo incontro
sono stati pubblicati in anteprima elettronica in questi giorni; sicuramente la
loro conoscenza sarà utile ai clinici che intendono allestire trials con
pazienti affetti da FTLD.
(Boxer A. L., et al. New directions in clinical
trials for frontotemporal lobar degeneration: Methods and outcomes measures. Alzheimer’s & Dementia –
Epub ahead of print doi: 10.1016/j.jalz.2019.06.4956.,
2019).
La provenienza
degli autori è prevalentemente la seguente (29 citazioni di provenienza): Memory
and Aging Center, Department of Neurology, University of California San Francisco,
San Francisco, CA (USA); Department of Neurosciences, University of California
San Diego, San Diego, CA (USA); Department of Neurology, Mayo Clinic,
Rochester, MN (USA); Association for Frontotemporal Degeneration, Radnor, PA (USA);
Alzheimer’s Drug Discovery Foundation, New York, NY (USA); Department of
Neurology, Massachusetts General Hospital, Boston, MA (USA); Department of
Neurology University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA).
La demenza frontotemporale (FTD) o degenerazione lobare frontotemporale
(FTLD) è una categoria diagnostica che include un insieme eterogeneo di
sindromi definite clinicamente da un graduale e progressivo cambiamento nello
stile comportamentale e nelle condotte personali, associato ad una graduale e
progressiva disfunzione della parola che, in taluni casi, costituisce a lungo l’unica
manifestazione clinica.
Storicamente, i primi studi su questa patologia furono condotti da Arnold
Pick (1892) che introdusse il concetto di atrofia lobare, dopo aver rilevato
all’esame autoptico del cervello di pazienti affetti da questa forma di demenza
una perdita di parenchima cerebrale localizzata all’interno del perimetro dei
lobi, che erano prevalentemente il lobo frontale e quello temporale[1]. Questo reperto appariva in
contrasto con il danno diffuso che si riscontrava nelle altre forme di demenza,
per le quali la definizione descrittiva metonimica era quella di “sclerosi
corticale”. Si diede allora al quadro clinico di questa demenza ad esordio presenile
il nome di malattia di Pick.
Il primo studio accurato delle alterazioni microscopiche rilevate nel cervello
di questi pazienti fu pubblicato nel 1911 da Alois Alzheimer, che confermò la
differenza con la degenerazione diffusa e amilodotica
del cervello della paziente da lui studiata quattro anni prima. L’aspetto degli
emisferi cerebrali nella degenerazione lobare, come si vede bene oggi nelle fotografie
scattate durante l’esame necroscopico, assomiglia al gheriglio di una noce
secca, per lo straordinario assottigliamento delle circonvoluzioni e la riduzione
della massa lobare dovuta a perdita di materia grigia e sostanza bianca.
Inizialmente, i sintomi appaiono senza un concomitante o esteso
interessamento di domini cognitivi diversi da quello dei segni di malattia, e
solo raramente si ha un inizio dopo i 75 anni. In alcuni casi, invece, l’esordio
di apparenti cambiamenti di personalità e deficit nell’uso delle abilità di
comunicazione verbale si accompagna ad un evidente parkinsonismo o a al
concomitante sviluppo di una malattia del motoneurone ad andamento
ingravescente. In neurologia si distinguono due tipi principali: una variante
comportamentale e una variante comunicativa o verbale, distinta in
demenza semantica, afasia non-fluente progressiva e forma logopenica[2].
La cosiddetta variante comportamentale, in cui si assiste a una progressiva
perdita degli elementi di personalità che caratterizzano in termini di
identità la persona agli occhi di coloro che la conoscono, presenta apatia,
disinibizione, perseverazione, povertà di giudizio, ridotte abilità di astrazione,
perdita di capacità empatica, affettività incongrua, disturbi dell’alimentazione
e generale disimpegno nella relazione col mondo.
Nella forma definita atrofia corticale posteriore, le manifestazioni
cliniche sono principalmente dipendenti da alterazioni dell’elaborazione dell’informazione
visiva, con una relativa conservazione della memoria. I sintomi, inizialmente
sfumati, si esprimono con gravità crescente come prosopoagnosia, acromatopsia,
dislessia e altri disturbi di interpretazione degli stimoli visivi[3].
Storicamente, i sottotipi di FTLD erano classificati in base alla presenza
di un accumulo anomalo di proteina tau (FTLD -tau) o alla presenza di inclusioni
ubiquitina-positive (FTLD-U). Da lungo tempo si conosce la presenza in pazienti
affetti da SLA (sclerosi laterale amiotrofica) di elementi della patologia
lobare della FTLD-U, per cui da decenni si sono ritenute FTLD e SLA due
differenti espressioni clinicopatologiche di un
processo inizialmente comune[4]. Tale tesi ha poi trovato supporto
nel rilievo di anomalie nelle proteine TDP-43 e FUS in entrambe le malattie.
La conoscenza della biologia molecolare della FTLD è notevolmente
progredita negli anni recenti, e i determinanti genetici accertati sono ancora
riportati alle due forme classicamente definite secondo il criterio
istopatologico[5].
Dopo questa introduzione, veniamo alla sintesi dell’esposizione proposta da
Boxer e i suoi numerosissimi colleghi del lavoro condotto dall’Association
for Frontotemporal Degeneration
con il Frontotemporal Degeneration
Study Group.
La conduzione di trial clinici per la FTLD pone delle vere e proprie
sfide, finora considerate difficili da affrontare. I due problemi principali si
possono così schematizzare:
1) L’eterogeneità delle sindromi di
FTLD che porta a difficoltà nel misurare in maniera accurata, precisa,
affidabile e significativa gli effetti del trattamento;
2) La rarità delle persone
diagnosticate di FTLD, con la conseguente difficoltà di reclutare campioni
numericamente significativi.
Il gruppo congiunto dei ricercatori ha concluso circa la necessità di
trovare obiettivi particolari, significativi in termini clinici e per le
famiglie dei pazienti, in un’ottica diversa dalla misura degli effetti di un
farmaco o di una strategia terapeutica mediante valutazione statistica sui
grandi numeri di campioni omogenei. In altri termini, definire obiettivi la cui
significatività possa essere misurata in pochi pazienti “emblematici” o “esemplari”,
rinunciando al modello prevalente nel trial clinico ordinario.
Si propone di fare di necessità virtù: la necessità di non poter disporre
del numero di volontari necessario per la sperimentazione clinica secondo i consueti
canoni metodologici, suggerisce la virtù di condurre studi personalizzati.
Ad esempio, approcci personalizzati per analizzare i dati MRI, sviluppo di
nuovi biomarkers nei fluidi e tecnologie
indossabili, potrebbero consentire il miglioramento del potere di rilevazione
degli effetti sui casi di FTDL nella sperimentazione clinica e contribuire alla
realizzazione di nuovi disegni sperimentali di verifica clinica. Si consiglia,
ogni volta che ciò sia possibile, di prendere spunto da quanto realizzato in
proposito nella ricerca in oncologia clinica.
Per il successo di questa impresa, gli autori sostengono che sia necessario
lo sviluppo di una piattaforma di analisi che possa supportare nuove
valutazioni derivanti dalla combinazione di dati genetici, clinici, di
neuroimmagine e di biomarker, con altre e nuove
modalità di indagine da elaborare.
Gli autori
della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per
la correzione della bozza e invitano alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
& Giovanni Rossi
BM&L-23 novembre 2019
________________________________________________________________________________
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di
Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484,
come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Meno frequente è la forma con
una differente localizzazione lobare, definita Degenerazione Lobare
Posteriore.
[2] Adams and Victor’s Principles of Neurology (Ropper, Samuels, Klein), p. 1074, McGraw
Hill, New York 2014.
[3] Ropper, Samuels,
Klein, op. cit., idem.
[4] Mackenzie et al. Nomenclature
and nosology for neuropathologic subtypes of frontotemporal lobar degeneration:
An update. Acta Neuropathologica 119 (1): 1-4,
2010.
[5] Basic Neurochemistry (Brady, Siegel,
Albers, Price), p. 726, Academic Press Elsevier, 2012.